In questo primo scorcio di anno sono già stati tre gli incidenti mortali che hanno coinvolto giovani che, frequentando attività formative o comunque scolastiche, erano stati distaccati presso imprese del settore lavorativo di interesse, per svolgervi uno stage formativo e maturare esperienze per una modalità didattica ritenuta innovativa ma che tale in effetti non è essendo già stata messa sperimentalmente in pratica con alterne vicissitudini dagli anni settanta del secolo scorso nei corsi di formazione professionale.

È una modalità che, attraverso l’acquisizione di esperienze pratiche concrete, ha lo scopo di agevolare a consolidare le conoscenze acquisite all’interno del ciclo scolastico, verificando direttamente sul campo le attitudini di studentesse e studenti ad arricchire le proprie conoscenze e capacità agevolando l’orientamento del percorso di studio e, in prospettiva futura di lavoro, grazie a progetti in linea con il loro piano di studi.

Oggi, l’alternanza scuola-lavoro, è stata resa obbligatoria per tutte le studentesse e gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi, ed è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015 in linea con il principio della scuola aperta; un cambiamento culturale per la costruzione di una via italiana al “sistema duale”, che riprende buone prassi europee, coniugandole con le specificità del tessuto produttivo ed il contesto socio-culturale italiano.

Detto “sistema duale” è una modalità di apprendimento che si basa sull’alternarsi di momenti didattico-formativi svolti “in aula” e momenti di apprendimento pratico attuati in “contesti lavorativi” specifici, consente ai giovani che ancora sono inseriti in un percorso di diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, di orientarsi lavorativamente acquisendo competenze in tempi ragionevolmente più contenuti, per il passaggio tra l’esperienza formativa e quella professionale.

Questo ci fa comprendere che ci sono modalità differenti per imparare e crescere: studiando, osservando e imitando i comportamenti e le azioni, mettendosi alla prova; una cosa è certa, che non significa immergersi nel mondo del lavoro e inserirsi nel ciclo produttivo in modo integrale.

Per crescere occorre tempo e la scuola, qualsiasi scuola, dovendo essere un incubatore di desideri non può comprimerlo artificiosamente bensì valorizzarlo per consentire a ciascuno di immergersi progressivamente nel futuro; è difficile farlo con responsabilità, perché non è improvvisazione ma ricerca di opportunità che devono essere meditate e condotte con cautela.

Il ragionamento ci riconduce ai tre incidenti gravi verificatisi nei mesi scorsi, l’ultimo dei quali al giovane di 17 anni rimasto ustionato da una fiammata durante la verniciatura di un veicolo che, di fatto, si connota come uno sberleffo al mondo della scuola e a quello del lavoro perché se è necessario valorizzare la professione, è indispensabile che la stessa passi per la sicurezza come sostenuto dagli atti di indirizzo che prevedono accoglienza “in  ambienti di formazione adeguati e sicuri che favoriscano la crescita della persona e coerenti con l’indirizzo di studio seguito”.

Ci sono modalità differenti per avviare al mondo del lavoro, quale quella di indirizzare gli studenti verso realtà lavorative che li improvvisano operatori spesso senza adeguate conoscenze, oppure quella di insegnare che per entrare nel mondo del lavoro bisogna certamente saper fare, ma ancor più saper essere (puntuali, curiosi, interessati, prudenti, caparbi, critici, ambiziosi e … generosi).

Se cinquant’anni fa lo stage era inteso come modalità che permetteva di affermare orgogliosamente la propria autonomia mettendo in secondo piano l’aver imparato a compiere una o più azioni, oggi deve essere momento di vera crescita e confronto con i propri desideri e limiti; attenzione però al presente nel quale la competitività investe anche il mondo della scuola nella quale ogni studente viene trasformato in un obiettivo di produzione da portare a termine; studenti che oggi rivendicano sicurezza sul lavoro e diritto allo studio, cioè studiare meglio per lavorare tutti.