Chi frequenta un impianto piscina al chiuso per le proprie esigenze professionali o semplicemente ludiche, avrà talvolta percepito una eccessiva pesantezza dell’aria che circola nell’ambiente e viene normalmente respirata; questa percezione si traduce nella sensazione di trovarsi in presenza di aria impura, che condiziona non poco frequentatore (a vario titolo e ruolo) dell’impianto, scoraggiandone l’instaurazione di un rapporto continuativo.
Queste sensazioni sono strettamente dipendenti dalla qualità dell’aria che circola all’interno dell’impianto piscina e che, chi è ospitato, respira e che, materialmente, dipende da due fattori parimenti significativi: la tipologia di trattamento dell’aria circolante all’interno dell’ambiente e dalla tipologia di trattamento cui viene sottoposta l’acqua della vasca che produce effetti volatili che si disperdono nell’aria circolante; tra i molteplici fattori che concorrono a ciò sono da ricordare i trattamenti chimici e la temperatura alla quale viene tenuta l’acqua.
Questi principi generali sono richiamati dalle vigenti disposizioni normative che, nel rispetto del principio di leale collaborazione sancito dal Titolo V° della Costituzione, ha prodotto l’Accordo Stato-Regioni numero 1605 del 16 gennaio 2003 relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorie; al esse si affiancano, per l’impiantistica sportiva, le norme CONI che chiariscono quali sono i parametri da rispettare per una piscina destinata all’attività agonistica.
L’Accordo S/R, fissa i requisiti termo igrometrici e di ventilazione per le piscine coperte e prevede che, nella sezione dell’attività natatoria e di balneazione, la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore a quella dell’acqua di vasca, mentre l’umidità relativa dell’aria non dovrà superare in nessun caso il valore del 70%.
La velocità dell’aria in corrispondenza delle zone utilizzate dai frequentatori non dovrà risultare superiore a 0,10 m/s e dovrà essere assicurato un ricambio di aria esterna di almeno 20 m3/h per ogni m2 di superficie di vasca; nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, pronto soccorso, …), il ricambio dell’aria dovrà risultare non inferiore a 4 volumi/h, mentre la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore a 20°C.
La norma CONI, che si rivolge alle piscine nelle quali si svolgono le attività previste dalla FIN, indica una temperatura dell’acqua non inferiore a 24°C con preferenza per temperature 26/28°C; qualora si svolga avviamento al nuoto o attività per bambini, la temperatura dell’acqua non dovrà essere inferiore a 26°C con preferenza 28/29°C. Risulta evidente che, nelle piscine con attività mista, risulta per lo meno difficoltoso rispettare i parametri indicati in precedenza.
Il gestore dell’impianto, a fronte di quanto esposto, deve necessariamente considerare che la dimensione della superficie della vasca e la temperatura dell’acqua in essa contenuta sono entrambe fonti di evaporazione che incidono sulle condizioni ottimali di areazione dell’impianto e che ad esse si aggiungono i composti tossici derivati dal cloro e dagli agenti disinfettanti utilizzati per il trattamento dell’acqua che, nella grande maggioranza dei casi, sono volatili e quindi si inseriscono molto velocemente nell’ambiente; anche la modalità di trattamento dell’aria di una piscina e la sua adeguata gestione, sono elementi che influiscono sulla qualità della medesima.
L’acqua utilizzata per l’alimentazione della vasca di piscina deve possedere il requisito dell’idoneità al consumo umano ed essere quindi opportunamente trattata per essere resa idonea alla balneazione.
L’agente disinfettante dell’acqua di piscina maggiormente diffuso è il cloro e il suo impiego è finalizzato all’eliminazione dei microrganismi indesiderati che diversamente potrebbero insediarsi nella vascauno dei problemi principali che determina un inidoneo trattamento dell’acqua e, conseguentemente, anche dell’aria, è l’utilizzo di sottoprodotti del cloro che in alcuni casi possono dare origine anche a importanti fastidi alla pelle e agli occhi; nei casi peggiori ci si può accorgere che chi gestisce gli impianti della piscina utilizzi sottoprodotti particolarmente nocivi, osservando la scoloritura dei costumi.
In un ambiente natatorio al chiuso, è importante una adeguata ventilazione assicurata attraverso l’immissione di aria fresca aspirata dall’esterno e sottoposta ad opportuno filtraggio (correlato alla qualità dell’aria esterna, al tipo di ambiente considerato, alle persone eventualmente presenti e all’efficienza dei sistemi di aerazione) con il fine di rinnovare l’aria contaminata e mantenere idonee condizioni di qualità e temperatura all’interno; occorre peraltro avere consapevolezza che gli impianti medesimi possono diventare, in caso di scarsa o inadeguata manutenzione, fonte di diffusione di microrganismi potenzialmente patogeni che, all’interno dei medesimi, trovano condizioni ideali di sviluppo.
Inoltre, quando viene fatto un inadeguato trattamento dell’aria, si rilevano presenze di umidità e condensa che talvolta possono superare i valori limite consentiti.
In un impianto natatorio la frequenza dei ricambi d’aria durante l’inverno, con l’espulsione di aria calda viziata e inquinata e l’immissione di aria nuova a bassa temperatura, è una fase molto delicata in quanto se il ricambio d’aria è eccessivo, crea sprechi energetici e inquinamento ambientale nonché consumi economici insostenibili per chi gestisce l’impiantomentre se è insufficienteproduce ambienti malsani aumentando i rischi per la salute di chi lo frequenta.
Oltre agli utenti e ai fruitori dell’impianto piscina, coloro che sono maggiormente esposti ai rischi di una gestione inadeguata del trattamento dell’aria sono gli operatori che vi lavorano.
La scelta dell’impianto nel quale frequentare corsi di nuoto, fare nuoto libero o più importante, è bene venga fatta anche in base alla valutazione del tipo di trattamento dell’aria che viene eseguito che può far comprendere il livello di attenzione dato alla qualità dell’aria.